sabato 17 novembre 2018

The timese they are a-changing: ha un significato attuale?

Venite intorno gente
dovunque voi vagate
ed ammettete che le acque
attorno a voi stanno crescendo
ed accettate che presto
sarete inzuppati fino all'osso.
E se il tempo per voi
rappresenta qualcosa
fareste meglio ad incominciare a nuotare
o affonderete come pietre
perché i tempi stanno cambiando.

Venite scrittori e critici
che profetizzate con le vostre penne
e tenete gli occhi ben aperti
l'occasione non tornerà
e non parlate troppo presto
perché la ruota sta ancora girando
e non c'è nessuno che può dire
chi sarà scelto.
Perché il perdente adesso
sarà il vincente di domani
perché i tempi stanno cambiando.

Venite senatori, membri del congresso
per favore date importanza alla chiamata
e non rimanete sulla porta
non bloccate l'atrio
perché quello che si ferirà
sarà colui che ha cercato di impedire l'entrata
c'è una battaglia fuori
e sta infuriando.
Presto scuoterà le vostre finestre
e farà tremare i vostri muri
perché i tempi stanno cambiando.

Venite madri e padri
da ogni parte del Paese
e non criticate
quello che non potete capire
i vostri figli e le vostre figlie
sono al dì la dei vostri comandi
la vostra vecchia strada
sta rapidamente invecchiando.
Per favore andate via dalla nuova
se non potete dare una mano
perché i tempi stanno cambiando.

La linea è tracciata
La maledizione è lanciata
Il più lento adesso
Sarà il più veloce poi
Ed il presente adesso
Sarà il passato poi
L'ordine sta rapidamente
scomparendo.
Ed il primo ora
Sarà l'ultimo poi
Perché i tempi stanno cambiando.
(Traduzione della celebre canzone The times they are a-changing, scritta da Bob Dylan nel '64, poco prima dell'assassinio di Kennedy)
Non pensate che questo testo abbia un preciso e urgente significato attuale anche oggi?

venerdì 22 novembre 2013

"Ho visto Nina volare": l'adolescenza, le domande, il senso, l'amore, la vita...



Un ostinato ritmo di tamburi. Immerso nel silenzio. E' notte. Siamo in campagna. Nel Sud. Una chitarra geme accordi sincopati. La voce di un bambino, stranamente calda e malinconica, rompe il silenzio.





Mastica e sputa
da una parte il miele
dall'altra la cera
mastica e sputa
prima che venga neve

Con queste splendide quanto oscure parole De Andrè ci parla chiaro.
La pratica a cui fa riferimento questo strano "mastica e sputa il miele e la cera" è una pratica contadina presente nel Sud Italia. De Andrè la conobbe in un viaggio al Sud insieme all'amico (e coproduttore della canzone) Ivano Fossati. La vita, secondo de Andrè, assomiglia in tutto a questa pratica contadina. La fatica del "masticare" la vita e di "sputare" la vita può essere intesa in diversi modi.
Mastica potrebbe rifersi a tutto ciò che nella vita acquisiamo: esperienza, cultura, conoscenza... e a tutto ciò che consumiamo. E sputa a tutto ciò che lasciamo: affetto, insegnamenti, opere... e produciamo.
Questa familiare pratica, la vita consiste di aspetti dolci, felici ("il miele"), ma anche di aspetti meno fluidi e più dolorosi ("la cera").

Ad ogni modo questa pratica di dolore e felicità è bene svolgerla al più presto, prima che i nostri capelli diventino bianchi come la neve ("prima che venga neve"), cioè prima dell'anzianità (la parola neve richiama l'anzianità anche perchè considerata "inverno della vita").



Luce luce lontana più bassa delle stelle
quale sarà la mano
che ti accende e ti spegne

Ora il personaggio (ancora misterioso) scruta la luna ("luce lontana più bassa delle stelle"), e si chiede chi la accenda e poi spenga, chi la faccia sorgere e poi tramontare.
La domanda nasconde sicuramente anche una domanda sulla vita: chi "accende" e "spegne" la vita?



Ho visto Nina volare
tra le corde dell'altalena
e un giorno la prenderò
come fa il vento alla schiena
All'atmosfera metafisica delle domande sull'universo e sul senso della vita fa da continuazione un'immagine viva: il protagonista (che iniziamo a riconoscere come ragazzo) ricorda l'immagine di una ragazza e prova il desiderio di possederla a livello fisico.
Posta dopo il desiderio di conoscere l'universo e il senso della vita, la forza di questo nuovo desiderio sembra suggerire che sia possibile trovare il senso dell'universo proprio in un amore.




Ma come accade spesso nell'adolescenza il desiderio è accompagnato dalla paura delle conseguenze:

e se lo sa mio padre
dovrò cambiar paese
e se mio padre lo sa
mi imbarcherò sul mare

Il padre rappresenta tipicamente l'ostacolo alla realizzazione dei desideri dell'adolescente, che ne teme ancora il giudizio e l'autorità (ecco perchè per Freud il padre era il super-io).
Ma la potenza del desiderio sembra più forte della paura: il ragazzo dice che per realizzare il suo desiderio sarà pronto anche a cambiare paese o a partire per mare.
Ma nel frattempo l'idea spaventosa del possibile rimorso prende forma:

stanotte è venuta l'ombra
l'ombra che mi fa il verso



Ma l'adolescente la combatte:

le ho mostrato il coltello
e la mia maschera di gelso




Ecco cosa è secondo me questo splendido testo e questi splendidi accordi come io li ho capiti e ascoltati.
Questa è la mia idea di questo straordinario testo sull'adolescenza, sul desiderio, sulle fasi della vita e sul significato della vita e della nostra esistenza nell'universo.



Sei d'accordo con questa mia interpretazione?

Ti piace questa canzone? Cosa ne pensi del suo significato?

Ciao!

Ci vediamo al prossimo post!! :-)

martedì 12 novembre 2013

Vivere "a forza di essere vento", ecco cosa ci insegna De Andrè

Sei circondato da un'atmosfera di spazio infinito. E' uno spazio siderale che avvolge tutto. Poi il breve colpo di chitarra ti fa accorgere che lo spazio sterminato che puoi ammirare non è altro che lo spazio di una immensa prateria. Luogo di frattellanza e sospirata libertà per il nomade viaggiatore. Subito dopo cala la voce di De Andrè. E' una canzone che parla della vita dei rom, per comunicare soprattuto il senso del viaggio e della libertà, la vicinanza alla natura, e allo spirito naturale.
Il viaggio per i rom è necessità e tradizione, ma nella canzone di De Andrè diventa molto di più: simbolo stesso della libertà. La libertà è come il vento, che può viaggiare per continuamente da Est a Ovest e da Nord a Sud. Libero di viaggiare dovunque e continuamente il campo dei rom è come il vento:
quel campo strappato dal vento
  a forza di essere vento
Il viaggio dei rom non è però privo di miseria: il vento stesso (cioè il viaggio) ha strappato, ha rovinato il loro campo, costretto "tra piscio e cemento". Pur elevando il campo rom a simbolo di libertà, De Andrè non trascura la realtà più misera e sofferente che caratterizza i rom.



 Seppure l'incessante viaggio prova i nomadi e li costringe a condizioni non sempre salubri, essi conservano un vantaggio inquantificabile: il viaggio rende ricca e dolce la loro esistenza.

"porto il nome di tutti i battesimi
ogni nome il sigillo di un lasciapassare
per un guado una terra una nuvola un canto
un diamante nascosto nel pane 
per un solo dolcissimo umore del sangue 
per la stessa ragione del viaggio viaggiare"



La ricchezza umana dei rom si riflette nella loro saggezza e sensbilità, derivata dalla loro vicinanza alla natura e al suo linguaggio:

"saper leggere il libro del mondo
con parole cangianti e nessuna scrittura"
Non a caso nelle lingue più antiche (greco e ebraico) si indicavano con lo stesso termine il vento (nella canzone è il simbolo della libertà dei rom), il soffio vitale, e lo spirito naturale.

I rom che si fermano in un paese perdono tutta la loro richezze e capacità percettive:

"qualche rom si è fermato italiano
come un ramo a imbrunire su un muro"


Come dicevamo, pur elevando i rom a simbolo ideale, De Andrè non trascura le sofferenze dei rom, che sembra suggerire, proprio per la loro richhezza, e quindi diversità, hanno dovuto patire tanto dalla storia:

"i figli cadevano dal calendario
Jugoslavia Polonia Ungheria
i soldati prendevano tutti
e tutti buttavano via"
E' infatti noto che furono circa 500 000 i rom uccisi nei campi di sterminio nazisti.


Le miserie dei rom continuano, le miserie di chi ha vissuto "a forza di essere vento" in una società che invece è il contrario. Un'altra spiacevole miseria è l'elemosina e in particolare lo sfruttamento delle bambine in essa:
"ora alzatevi spose bambine
che è venuto il tempo di andare
con le vene celesti dei polsi
anche oggi si va a caritare"
De Andrè ci ha raccontato la storia di sofferenza dei rom, la loro ricchezza interiore, guadagnata con il viaggio e la sofferenza, la loro saggezza. Ora ci chiama a non giudicare il popolo rom, in quanto essere umano, spinto ad agire in modo diverso dal nostro da ragioni profonde che non siamo in grado di valutare, in quanto come loro, condividiamo la limitatezza del giudizio umano. Infatti nessuno può arrogarsi di avere il punto di vista di Dio.

 "e se questo vuol dire rubare
questo filo di pane tra miseria e sfortuna
allo specchio di questa kampina
ai miei occhi limpidi come un addio
lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca
il punto di vista di Dio"



Cosa ne pensi?
Fammi sapere nei commenti!!

Ora il mio blog è traferito qui  http://critiquone.blogspot.it/

Ciao!!

Al prossimo post!! :)



martedì 5 novembre 2013

"Dubbio a posteriori: i veri grandi poeti sono i poeti minori"? Giorgio Caproni


"Dubbio a posteriori:
i veri grandi poeti
sono i poeti minori"

Meglio i poeti minori?


O i poeti incoronati?


La citazione in apertura è di Giorgio Caproni, segnato dalla critica come poeta minore... Un poeta comune, come lui ce ne sono tanti... A scuola, se ci entra, ci entra come gemello brutto di Montale, insieme al misero Sbarbaro.

Il potere della critica è vasto e vincolante: questo me la rese già antipatica.
Letti Montale e Caproni (il gemello storto), il mio rapporto con la critica si incrina ulteriormente.

Mi sono avvicinato a Caproni un bel giorno e l'ho letto, senza studi critici pregressi. Poi l'ho riletto più volte per afferarne sempre più profondamente il significato.

Caproni è un poeta denso, ma disteso. Quando si legge si ha la sensazione del suo tipico periodare complesso (a volte persino ingarbugliato), ma nello stesso tempo la sua musicalità ricorda spesso il discorso parlato.

Le rime sono forti, a volte inusuali, e spesso chiarificano il significato della poesia.
In Caproni ho trovato nello stesso momento popolarità tradizionale ed eleganza classica, finezza letteraria e vena antiletteraria. Musicalità cantabile e ritmo spezzato (con delle dissonanze improvvise). Particolari quotidiani e metafisica ricerca di Dio (che il poeta cerca per uccidere).

Il suo modo di scrivere è a volte prosastico (quasi parlato), a volte sentenzioso e incisivo.
Caproni sembra dirci che l'unico rifugio umano è l'ambiguità: i suoi viaggi alla ricerca della verità lo portano in nessun luogo, o in posti nebbiosi, assurdi, bui, vuoti. Vi propongo una sua poesia, che preferisco non commentarvi prima della lettura. Eccola (è lunga, ma semplice, e ne vale davvero la pena!):
                                   

                                   

         

 

            Congedo del viaggiatore cerimonioso


                                Amici, credo che sia
meglio per me cominciare
a tirar giù la valigia.
Anche se non so bene l’ora
d’arrivo, e neppure
conosca quali stazioni
precedano la mia,
sicuri segni mi dicono,
da quanto m’è giunto all’orecchio
di questi luoghi, ch’io
vi dovrò presto lasciare.
Vogliatemi perdonare
quel po’ di disturbo che reco.
Con voi sono stato lieto
dalla partenza, e molto
vi sono grato, credetemi,
per l’ottima compagnia.


Ancora vorrei conversare
a lungo con voi. Ma sia.
Il luogo del trasferimento
lo ignoro. Sento
però che vi dovrò ricordare
spesso, nella nuova sede,
mentre il mio occhio già vede
dal finestrino, oltre il fumo
umido del nebbione
che ci avvolge, rosso
il disco della mia stazione.
Chiedo congedo a voi
senza potervi nascondere,
lieve, una costernazione.
Era così bello parlare
insieme, seduti di fronte:
così bello confondere
i volti (fumare,
scambiandoci le sigarette),
e tutto quel raccontare
di noi (quell’inventare
facile, nel dire agli altri),
fino a poter confessare
quanto, anche messi alle strette,
mai avremmo osato un istante
(per sbaglio) confidare.
(Scusate. E’ una valigia pesante
anche se non contiene gran che:
tanto ch’io mi domando perché
l’ho recata, e quale
aiuto mi potrà dare
poi, quando l’avrò con me.
Ma pur la debbo portare,
non fosse che per seguire l’uso.
Lasciatemi, vi prego, passare. Ecco.
Ora ch’essa è
nel corridoio, mi sento
più sciolto. Vogliate scusare).
Dicevo, ch’era bello stare
insieme. Chiacchierare.
Abbiamo avuto qualche
diverbio, è naturale.
Ci siamo – ed è normale
anche questo- odiati
su più d’un punto, e frenati
soltanto per cortesia.
Ma, cos’importa. Sia
come sia, torno
a dirvi, e di cuore, grazie
per l’ottima compagnia.
Congedo a lei, dottore,
e alla sua faconda dottrina.
Congedo a te ragazzina
smilza, e al tuo lieve afrore
di ricreatorio e di prato
sul volto, la cui tinta
mite è sì lieve spinta.
Congedo, o militare
(o marinaio! In terra
come in cielo ed in mare)
alla pace e alla guerra.
Ed anche a lei, sacerdote,
congedo, che m’ha chiesto s’io
(scherzava!) ho avuto in dote
di credere al vero Dio.
Congedo alla sapienza
e congedo all’amore.
Congedo anche alla religione.
Ormai sono a destinazione.
Ora che più forte sento
stridere il freno, vi lascio
davvero, amici. Addio.
Di questo, son certo: io
son giunto alla disperazione
calma, senza sgomento.


Scendo. Buon proseguimento.





Bella eh? E' un racconto simbolico della morte.
Spero abbiate apprezzato la musicalità cantabile, distesa in apparenza, ma in realtà venata d'inquietudine.


Sei d'accordo con questa mia interpretazioni?

Non ti trovi d'accordo con le opinioni che ho espresso?

Fammi sapere nei commenti!!

Ciao!!

 Al prossimo post!! :) 

sabato 2 novembre 2013

Esiste una cattiva strada? Ce lo insegna De Andrè con la "cattiva strada"

Qual è il vero significato della "cattiva strada"? 


Una sommessa ballata, come recitata da un cantastorie locale. S'accompagna con una sola chitarra acustica, che suona un tema ritmato e ciclico. Un motivo che ritorna spesso su se stesso. Dà l'idea di un viaggio infinito. Così, anche il racconto ritorna spesso su se stesso, con diversissime atmosfere: prima l'innocente, poi la prostituta, un pilota, un "diciotenne alcolizzato", i giurati ad "un processo per amore". Eppure la ripetizione è costante: l'apparentemente "cattiva azione" di un personaggio ignoto, che poi conclude sempre con un refrein "e adesso è ora/ è meglio che io vada", mentre lo sta seguendo chi ha ricevuto il torto da lui. Pochi dettagli, proprio come un viaggio sognato, non tolgono al brano la sua richezza.
Le atmosfere cambiano mentre, sugli stessi accordi, l'ignoto personaggio si muove da una ambientazione all'altra (la parata militare, i viali dietro la stazione, una notte senza luna). In ogni nuova ambientazione incontra un personaggio diverso. I gesti compiuti dall'ignoto personaggio appaiono incomprensibili, gratuitamente cattivi. Ma ad una seconda analisi, questi gesti rivelano un signifiato più generale e profondo.

L'ignoto personaggio sputa ad un soldato durante una parata militare. Qui a mio parere de Andrè simboleggia un appello a smettere tutte le guerre offensive, e a evitare i rischi del nazionalismo e del militarismo.
Il soldato è ancora "innocente", probabilmente giovane o di recente arruolamento, e come se fosse stato mosso a coscienza dall'azione, abbandona subito la parata, seguendo l'ingoto personaggio. De Andrè non lo dice (come dicevo il testo è povero di dettagli), ma possiamo immaginare che il soldato, forse scosso dall'accaduto, decida di abbandonare la parata, per cambiare vita. In questo caso sembra che la "cattiva strada" diventi la strada della pace, mentre la parata sarebbe la vera strada cattiva.





 Nei viali dietro la stazione, questa volta il misterioso personaggio ruba l'incasso ad una "regina", probabilmente una prostituta. Ho rifletutto a cosa volesse alludere de Andrè facendo compiere al personaggio ignoto questo nuovo gesto. E' certo che il personaggio della prostituta, come nelle altre canzoni di de Andrè non ha un valore solo letterale. A cosa allude? Io ho pensato questo: metaforicamente parlando de Andrè vede il sistema capitalistico come un grande postribolo. In effetti in alcuni casi il sistema di massa ci obbliga a vendere il nostro tempo.
A quel punto la prostituta lo segue, come se l'ignoto personaggio, rubando l' incasso, l'avesse alleggerita e resa finamente libera. Allo stesso modo de Andrè sembra chiederci di liberare noi stessi dal culto inutile dei mezzi materiali. Anche in questo caso la cattiva strada si inverte con la buona strada.






Ora, in una notte senza luna, l'ignoto personaggio fa perdere la rotta ad un pilota, uccidendolo. Difficile trovare un'inversione di significato in questa strofa (la cattiva strada non sembra affatto rivelarsi una strada buona), com'era nei casi pecedenti.
La cattiva strada in questo caso è la morte.

Poi, l'ingnoto personaggio va da un giovane alcolizzato per versargli ancora da bere. Anche qui l'inversione non sembra esserci. In questo caso la cattiva strada è la dipendenza dall'alcol.

A un "processo per amore" l'ingoto personaggio compie la sua ultima tappa. Il personaggio bacia le bocche dei giurati. Anche qui il significato non può essere solo letterale. A cosa vuole allude? C'è il dettaglio degli sgurdi imbarazzati. Anche se De Andrè non lo dice ci immaginiamo che, dopo l'azione del misterioso personaggio, l'udienza giuridica si sia bloccata. Con questo "processo per amore" De Andrè mi sembra voler mostrare proprio la limitatezza del giudizio umano, soprattutto, come in questo caso, di fronte all'amore. Quest'ultimo episodio, apparrentemente minore, mi sembra invece rivelativo per il significato complessivo della canzone. Infatti subito dopo:

"E quando poi sparì del tutto
a chi diceva "E' stato un male"
a chi diceva "E' stato un bene"
raccomandò "Non vi conviene venir
con me dovunque vada
ma c'è amore un po' per tutti
e tutti quanti hanno un amore
sulla cattiva strada"
.

Posti dopo l'episodio dei giurati questi versi sembrano rimandare ancora alla limitatezza del giudizio sulla povertà, sulla prostituzione ("la regina nei viali dietro la stazione"), sul patriottismo ("il soldato alla parata militare"), e persino sulla dipendenza (il "diciottenne alcolizzato"), e la morte ("il pilota"). De Andrè rimarca l'idea che l'uomo, come il pilota a cui sono truccate le stelle, possa giudicare male, ingannarsi, sbagliare soprattutto nei giudizi più profondi rigurado la natura umana (amore, morte, povertà, scelte di vita, dipendenze) e sulla profondità delle altre persone. De Andrè ci insegna anche l'impossibilità di giudicare la cattiva strada (il male), non priva di attrattive ("tutti quanti hanno un amore sulla cattiva strada"), e non nettamente divisibile dalla buona strada, il bene.


Cosa ne pensi?
Fammi sapere nei commenti!!
Ciao!!! :)

Ora il mio blog è stato trasferito qui http://gabrielelaszloliteraryagency.blogspot.com